Il progetto di design che esplora nuovi modi di lavorare da casa ai tempi del Coronavirus
Si chiama Connected ed è un percorso di sperimentazione e riflessione lanciato da American Hardwood Export Council (AHEC), Benchmark Furniture e Design Museum, per esplorare come l’emergenza pandemica ha cambiato il modo di lavorare e vivere di designer e artigiani e come nuove forme digitali di collaborazione transnazionale possono essere possibili anche in un settore fisico e tattile come il design.
La sfida ha visto coinvolti nove designer internazionali – Ini Archibong (Svizzera), Maria Bruun (Danimarca), Jaime Hayon (Spagna), Heatherwick Studio (Inghilterra), Sebastian Herkner (Germania), Maria Jeglinska (Polonia), Sabine Marcelis (Olanda), Studiopepe (Italia) and Studio Swine (Inghilterra / Giappone) – che hanno lavorato ciascuno in coppia con un artigiano di Benchmark Furniture, nel Berkshire, per sviluppare una seduta e un tavolo da lavoro.
Tra i vari progetti, Nordic Pioneer è un masterpiece di design nordico dove la purezza delle linee di seduta e tavolo è intenzionale a che siano la materia e la tecnica a parlare. Interamente realizzati in acero, tra i dettagli chiave, l’elegante cerniera in legno per sollevare e abbassare l’anta, che percorre tutta la lunghezza del piano del tavolo e i piedi arrotondati che intersecano il profilo quadrato delle gambe. La seduta ripropone le linee funzionali e lineari del tavolo, mentre gli sgabelli impilabili, lavorati dal massello di acero, vogliono essere una celebrazione del legno prescelto. Di seguito riportiamo alcune interviste che siamo riusciti a realizzare interloquendo direttamente con alcuni dei designer coinvolti nel progetto: Maria Bruun, Maria Jeglinska e Sabine Marcelis.
Dalla viva voce della protagonista, la sua esperienza.
Cosa ha suscitato inizialmente il tuo interesse per il progetto AHEC?
Ho pensato che fosse molto interessante sottoporre lo stesso brief a differenti designer. Veniamo da luoghi e nazionalità diverse che sono stati tutti colpiti dalla pandemia in modo diverso. E abbiamo anche diversi modi di lavorare e diverse strutture familiari. Ho trovato molto interessante il fatto che questo briefing fosse così soggettivo. Che riguardasse il modo in cui abbiamo affrontato individualmente l’emergenza Covid. Personalmente, ho scoperto che avevo bisogno di circondarmi di materiali belli e significativi. Avevo bisogno di avere struttura e ordine intorno a me e allo stesso tempo avevo anche bisogno del mio spazio – qualcosa che fosse solo mio e lontano dal vortice familiare.
La pandemia ha influenzato il suo studio?
Sì e no. Nel breve periodo ha ritardato alcuni dei miei lanci di prodotti in occasione di eventi e fiere – DesignMiami/Basilea e il Salone di Milano… tutto è stato cancellato o rinviato. Quindi, in questo senso, ha influenzato la mia linea temporale. Ma a lungo termine non ha cambiato nulla. Anche se il mondo è in pausa, ho ancora la libertà di creare cose nuove. Per me questo è un periodo in cui riempire il mio zaino mentale di idee e schizzi. Quindi, sotto molti aspetti, è rassicurante – il fatto che le mie fondamenta non possono mai essermi tolte.
E cos’è che ami del legno come materiale?
Non so nemmeno da dove cominciare. Il legno è il mio materiale. Ci lavoro da molto tempo. È il fascino di trovare un tronco, tagliarlo, piallarlo, segarlo, studiarne la venatura e la struttura, e poi sistemarlo in nuove combinazioni. Si tratta di conoscere il suo tempo e il suo luogo e di dare tutto quel valore a un mobile. È una cosa che fa esplodere la mente.
Ha progettato un tavolo pieghevole, come è nata l’idea?
È nata dalle mie esigenze. Volevo qualcosa che fosse mio – come una postazione di lavoro o un luogo di riflessione che potessi lasciare e che al mio ritorno non sarebbe stato toccato da nessun. Questo è quello che faccio nel mio studio. Lascio le cose e le ripongo in fondo alla mente. Forse non ci faccio niente, ma lì e ci penso. Avevo bisogno della stessa cosa nella mia vita domestica, un posto dove poter lasciare tutto così com’è. Il tavolo pieghevole mi dà la possibilità di ampliare lo spazio e di invitare qualcuno a entrare. Volevo anche creare un luogo dove potermi connettermi di nuovo con il mondo.
Lavorare con il produttore, Benchmark, digitalmente utilizzando strumenti come Zoom è una nuova sfida, immagino?
Certo,normalmente vado sempre dal mio falegname, lo faccio per capire un progetto. Normalmente andrei da Benchmark e incontrerei Mark, la persona che sta creando il mio pezzo per avere uno scambio con lui, capire come lavora e assicurarmi che sappia come voglio vengano realizzati i dettagli. Invece guarderò alcuni dettagli – tra cui la cerniera di legno – su Zoom. Potrebbe essere che le cose siano più efficienti.
Quercia rossa, acero e ciliegio americani, con quale ha già lavorato in passato?
L’acero è un legno forte e affidabile, sia per le sue proprietà meccaniche che per l’estetica. Ci ho lavorato molti anni fa e quello che mi è piaciuto è che è trasparente in un certo senso. È molto leggero e può quasi scomparire in uno spazio e fondersi con l’ambiente circostante. Ho lavorato molto con la quercia, ma non con la quercia rossa. È un po’ più ruvida dell’acero, che ha una venatura molto fine. I miei dettagli sono molto raffinati per questo pezzo, quindi voglio un materiale che possa sottolinearlo.